La gestione dei rischi della privacy nel 2025 è una sfida ardua. Ecco cosa fare per mettere al sicuro i tuoi dati
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La gestione dei rischi della privacy nel 2025 è una sfida ardua. Ecco cosa fare per mettere al sicuro i tuoi dati
La compliance al GDPR è un cammino ricco di insidie, ma anche di dubbi a cui far fronte. Uno dei temi più dibattuti riguarda la conformità al Regolamento UE 2016/679 a livello internazionale. In particolare: Risponderemo a queste domande nei prossimi paragrafi. Compliance GDPR: il trasferimento di dati in paesi extra SEE Iniziamo a rispondere ai primi due quesiti. Il trasferimento di dati in paesi extra SEE è sì consentito, ma a determinate condizioni. In tal senso, la conformità al GDPR passa per quello che il Regolamento Europeo definisce adeguatezza. In particolare, il Garante della Privacy scrive: Compliance GDPR extra UE: i paesi che offrono garanzie Ma quali sono i paesi che, secondo la Commissione Europea, offre adeguati livelli di garanzia, rendendo così, di fatto, sicuro il trasferimento di dati? Molto pochi, così come confermato dal report del 15 gennaio 2024. Essi sono: Andorra, Argentina, Canada, Fær Øer, Giappone, Guernsey, Isola di Man, Israele, Jersey, Nuova Zelanda, Svizzera, Uruguay. A questi paesi vanno aggiunti Australia e USA (limitatamente al trasferimento dei dati del codice di prenotazione da parte di compagnie aeree). Ricordiamo che, nel caso il trasferimento riguardi paesi considerati non adeguati, vale quanto stabilito all’interno dell’articolo 46 del GDPR (vedi paragrafo precedente). La compliance al GDPR nelle imprese con sede extra SEE Passiamo al terzo quesito. Un’azienda con sede Extra SEE, ma che tratta dati personali di cittadini comunitari, dovrà comunque rispettare il GDPR? Assolutamente sì. In un mondo globalizzato sono tantissime le aziende che si trovano in queste condizioni. Basti pensare a giganti come Meta, Amazon e Google, solo per fare qualche esempio. Il paragrafo 1 dell’articolo 3 del Regolamento Europeo 2016/679, d’altronde, parla molto chiaro: “Il presente regolamento si applica al trattamento dei dati personali nell’ambito delle attività di uno stabilimento di un titolare del trattamento o di un responsabile del trattamento nell’Unione, indipendentemente dal fatto che il trattamento abbia luogo o meno nell’Unione.“ Il considerando 101 Su questo tema è bene citare il considerando 101 del GDPR: “I flussi di dati personali verso e da paesi al di fuori dell’Unione e organizzazioni internazionali sono necessari per l’espansione del commercio internazionale e della cooperazione internazionale. L’aumento di tali flussi ha posto nuove sfide e problemi riguardanti la protezione dei dati personali. È opportuno però che, quando i dati personali sono trasferiti dall’Unione a titolari del trattamento e responsabili del trattamento o altri destinatari in paesi terzi o a organizzazioni internazionali, il livello di tutela delle persone fisiche assicurato nell’Unione dal presente regolamento non sia compromesso“ “Il trasferimento potrebbe aver luogo soltanto se, fatte salve le altre disposizioni del presente regolamento, il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento rispetta le condizioni stabilite dalle disposizioni del presente regolamento in relazione al trasferimento di dati personali verso paesi terzi o organizzazioni internazionali“. I casi di applicazione Gli ambiti di applicazione del GDPR in paesi extra SEE sono principalmente due: Il GDPR in ambito extra SEE non si applica quando l’attività è puramente domestica o personale, ad esempio, una mail scritta da un cittadino russo ad un amico greco non è soggetta al Regolamento. Esso si applica, infatti, ad attività “professionali e commerciali” e in maniera più rigorosa ad aziende con più di 250 dipendenti. Sanzioni Ci si può chiedere, a questo punto, cosa accadrebbe se un’azienda con sede in paese extra SEE non rispettasse gli obblighi imposti dal GDPR. Il rischio è quello di una sanzione fino a 20 milioni di Euro o, per le imprese, fino al 4% del fatturato globale annuo dell’esercizio precedente, se superiore. Continua a seguirci Hai trovato interessante l’articolo sulla compliance internazionale al GDPR? Condividilo con amici e colleghi. Ti ricordiamo che mettiamo a tua disposizione la demo gratuita di GENIAM Privacy, il software che ti aiuta ad essere conforme al Regolamento Europeo 2016/679. Provalo subito
In piena era digitale, la protezione dei dati personali non è solo una questione tecnica, ma anche un valore etico e sociale. Le aziende di tutto il mondo stanno capendo che responsabilità sociale e privacy vanno di pari passo e che la fiducia dei consumatori si conquista anche (se non soprattutto) attraverso la trasparenza e il rispetto dei dati personali raccolti. Ma cosa significa davvero questo connubio tra responsabilità aziendale e protezione della privacy? E come influisce sulla reputazione e sulla sostenibilità di un’impresa? Nei prossimi paragrafi vedremo meglio questi aspetti. Responsabilità sociale e privacy: le chiavi della fiducia L’etica digitale e trasparenza sono due pilastri fondamentali per costruire e mantenere la fiducia del pubblico. Gli utenti vogliono sapere come vengono raccolti, utilizzati e protetti i loro dati, e le aziende che comunicano apertamente le proprie politiche sulla privacy hanno un importante vantaggio competitivo. Essere trasparenti significa non solo informare gli utenti in modo chiaro, ma anche offrire loro il controllo sulle proprie informazioni. Con queste premesse, è chiaro come il corretto trattamento dei dati raccolti, insieme alla loro gestione e una rigorosa politica di cancellazione sono passaggi necessari per qualsiasi impresa che desideri essere percepita come affidabile e responsabile. Leggi anche: le ultime novità sulla protezione dati Sicurezza informatica e diritti dei consumatori Un aspetto cruciale del binomio responsabilità sociale e privacy è la sicurezza informatica e diritti dei consumatori. Proteggere le informazioni degli utenti da attacchi hacker, fughe di dati e usi impropri non è solo un obbligo legale, ma anche una questione di rispetto e correttezza. In tal senso, le aziende sono chiamate a investire in sistemi di sicurezza avanzati, aggiornare costantemente le proprie misure di protezione e formare i dipendenti su come gestire in modo sicuro le informazioni sensibili. L’Impatto della privacy sulla reputazione aziendale Un’azienda che non prende sul serio la protezione dei dati rischia di subire gravi danni alla propria immagine. Le violazioni della privacy possono portare a conseguenze legali, perdite finanziarie e, soprattutto, alla perdita della fiducia da parte dei clienti. Al contrario, un’impresa che integra la privacy nella propria strategia dimostra responsabilità e lungimiranza. Questa attenzione non passa inosservata: sempre più consumatori scelgono brand che si dimostrano etici e rispettosi della loro privacy. Oltretutto, uno sguardo profondamente etico nei confronti di responsabilità sociale e privacy permette la conformità al GDPR e, conseguentemente, di mettersi al riparo da costose multe. Corporate Social Responsibility (CSR) e privacy: un binomio indissolubile Quando si parla di Corporate Social Responsibility (CSR), si fa riferimento all’impegno volontario delle aziende nel generare un impatto positivo sulla società, andando oltre il semplice profitto. La CSR abbraccia diverse aree, tra cui la sostenibilità ambientale, il benessere dei dipendenti e, oggi più che mai, la protezione dei dati personali. In un contesto in cui le violazioni dei dati e le fughe di informazioni sono all’ordine del giorno, un’azienda socialmente responsabile non può permettersi di trascurare la privacy digitale. Protezione dati e corporate social responsibility sono dunque elementi decisivi nelle strategie aziendali per garantire che la gestione delle informazioni sensibili sia etica e trasparente. Cosa possono fare le aziende per migliorare la privacy digitale Per rafforzare il legame tra responsabilità sociale e privacy, le aziende possono adottare alcune pratiche chiave: Etica e non solo La protezione della privacy digitale non è solo una questione tecnica, ma un pilastro fondamentale della responsabilità sociale e privacy. Le aziende che comprendono l’importanza della etica digitale e trasparenza, che investono in protezione dati e CSR e che garantiscono sicurezza informatica e diritti dei consumatori, non solo evitano rischi legali, ma costruiscono anche relazioni di fiducia durature con i propri clienti. In un mondo sempre più digitale, la privacy non è un optional, ma un dovere morale e strategico. E le aziende che lo capiscono saranno quelle che guideranno il futuro della corporate social responsibility. Non perdere l’occasione di dare un boost di sicurezza digitale alla tua azienda. GENIAM Privacy è il software facile e intuitivo che semplifica la protezione dei dati e la conformità al GDPR. Scopri come può aiutarti e richiedi una demo gratuita.
Integrare la cultura della privacy sul luogo di lavoro è uno dei passi più delicati, quanto complicati, da compiere nella compliance al GDPR. In questo articolo, ti proponiamo 10 step che manager e dipendenti possono effettuare per favorire la conformità al regolamento europeo 2016/679 e, più in generale, per stabilire una più serena vita lavorativa basata su privacy, sicurezza e protezione dati. La cultura della privacy sul luogo di lavoro: 10 step La cultura della privacy sul luogo di lavoro, come detto, è un lungo cammino. Ti ricordiamo che la Legge chiama i datori di lavoro ad alcuni obblighi. Fra questi, quello di rispettare la privacy dei dipendenti e garantire la protezione dei loro dati personali secondo le normative sulla privacy. Ecco perché, nei prossimi paragrafi, daremo 10 consigli per percorrere questa strada con decisione e la dovuta serenità sia all’interno che all’esterno dell’azienda. 1. La consapevolezza La formazione è un passaggio necessario per blindare la privacy sul luogo di lavoro. Attenzione, però. Si tratta di un passo che non bisogna effettuare una tantum, ma regolarmente, attraverso sessioni che da un lato spieghino l’importanza della protezione dei dati personali e, dall’altra, illustrino i rischi legati alla loro violazione. 2. L’esempio come strumento I manager dei livelli più alti dovranno essere i primi a seguire le pratiche volte a promuovere e rispettare la privacy. Come? Con esempi che valorizzino la protezione dei dati. 3. La policy Stabilire regole chiare è un altro dei passi imprescindibili. Consigliamo di redigere, in tal senso, una policy aziendale con regole non eccessive, ma soprattutto chiare (no al burocratese) accessibile a tutti i dipendenti. 4. Privacy by design e by default Privacy by design e by default sono due principi decisivi in ambito GDPR. A proposito di privacy by design, il regolamento stabilisce l’obbligo per il titolare di indicare: “Misure tecniche e organizzative adeguate, quali la pseudonimizzazione, volte ad attuare in modo efficace i principi di protezione dei dati, quali la minimizzazione, e a integrare nel trattamento le necessarie garanzie al fine di soddisfare i requisiti del presente regolamento e tutelare i diritti degli interessati” Il principio privacy by default, invece, invita il titolare a trattare solo i dati strettamente necessari e a conservarli solo per un tempo minimo (solo per il periodo per cui servono). 5. Un punto di riferimento interno La nomina di un DPO (Data Protection Officer) o comunque di un referente che si erga a punto di riferimento per la risoluzione di dubbi o segnalazioni da parte di manager e dipendenti. 6. La riservatezza Una cultura della privacy non può mancare di sensibilizzare i lavoratori sulla necessità di non divulgare informazioni riservate. Questo vale sia per l’interno che per l’esterno dell’azienda. A qualcuno potrà sembrare una banalità, ma molti problemi sorgono proprio a causa del trattamento disinvolto di documenti delicati. Ti consigliamo di leggere anche: guida pratica a GENIAM Privacy 7. Le buone pratiche Cambiare le password regolarmente, evitare di lasciare documenti in spazi (fisici e virtuali) non sicuri, non usare con disinvoltura lo smartphone aziendale, spegnere il computer quando ci si allontana dalla propria postazione, evitare di discutere di dati sensibili in luoghi aperti al pubblico. Sono 5 delle buone pratiche da seguire e non sottovalutare. 8. Approccio collaborativo Incoraggiare i dipendenti a segnalare senza timore eventuali problemi o violazioni legati alla privacy è una buona pratica che da un lato crea un ambiente di lavoro trasparente, dall’altro tiene a bada il pericolo di ritorsioni e rancori. 9. I premi È possibile incentivare un comportamento proattivo riconoscendo e premiando i dipendenti che si distinguono nel rispettare e promuovere le politiche di privacy aziendale. 10. Less is more Ci riferiamo all’importanza di trattare solo i dati strettamente necessari e di cancellare quelli non più utili, evitando un inutile, quanto pericoloso, accumulo di dati sensibili. Dubbi? Rivolgiti a GENIAM Privacy Per qualsiasi dubbio sulla gestione della privacy puoi rivolgerti a GENIAM Privacy, il software per la protezione dei dati e dei suoi processi, facile da utilizzare e su misura, adattabile alle tue esigenze. Richiedi la tua demo gratuita .